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" REINCARNAZIONE "
UNA
REALTÀ NOTA AI CRISTIANI FIN DAI TEMPI PIÙ REMOTI
Ciascuno di noi, che si sia avvicinato all’insegnamento del Cristo sintetizzato nell’espressione “Amatevi gli uni gli altri come Io ho amato voi”, non può non constatare quale distanza trascorra tra il cristianesimo superficiale che l’uomo si impegna a vivere nel suo cammino terreno, breve o lungo che sia, e la meta che il Cristo propone. Da un lato, essendo Egli Divinità, non può chiedere a noi ciò che non è raggiungibile, dall’altro un unico soggiorno sulla terra, se pur centenario, sembra un tempo insufficiente a trasformare in fratelli gli uomini immersi nell’egoismo e nella materialità. Infatti è onesto constatare che alla maggior parte degli individui non bastano lunghi anni di vita, non dico per giungere alla meta esemplificata dal Cristo, ma nemmeno per avvicinarsi ad essa in modo significativo. Nel Vangelo leggiamo che Cristo si è manifestato sulla terra per salvare tutti gli uomini. Come si può conciliare questa affermazione con le credenze chiesastiche per cui l’anima, staccatasi dal corpo, riceve senza appello il riconoscimento del risultato raggiunto (paradiso) ovvero la pena meritata, temporanea (purgatorio) o definitiva (inferno)?
La
rincarnazione è la risposta della misericordia divina alla riottosità dei
colpevoli. La Divinità rispetta la loro libertà di scelta ed essi
hanno modo di comprendere e di correggersi di vita in vita, attraverso
varie esperienze di fatica e di sofferenza. Intendiamo parlare di reincarnazione cioè passaggio dell’anima da corpo umano in altro corpo
umano, non di metempsicosi, dottrina orientale a noi estranea che ammette il
passaggio dell’anima anche in animali, vegetali o altro. Diverse affermazioni dell’Antico Testamento e del Vangelo sono chiari riferimenti al continuo viaggio dell’anima che si reincarna. Riportiamo solo due esempi tra i più significativi: il ritorno di Elia ‘reincarnato’, come Giovanni Battista e l’episodio del cieco nato.
Cinque secoli prima di Cristo, il profeta Malachia annuncia alle genti che Iddio rimanderà sulla terra il profeta Elia, vissuto quattro secoli prima di lui:
“Ecco, io vi
mando Elia il profeta prima che venga il giorno dell’Eterno.” (Malachia 3
,23).
Un ritorno di
questo genere, ovviamente, non può essere inteso che come una vera e propria
rincarnazione. Trascorrono i secoli. Ed ecco che Luca ci dice che tale profezia
sta per avverarsi: l’Angelo infatti annunzia a Zaccaria la rincarnazione di
Elia con queste parole: “Tua moglie Elisabetta ti partorirà un figliuolo al
quale porrai nome Giovanni. Convertirà molti
dei figliuoli di Israele al Signore Iddio
loro; ed egli andrà innanzi a Lui (al Messia) con lo spirito e con la
potenza di Elia.” (Luca 1, 13 ; 1, 16-17).
Dunque nascerà
Giovanni, che avrà lo spirito di Elia oltre che la sua potenza, e si precisa
che egli precederà il Messia. E’ un riferimento chiaro alla reincarnazione di
Elia in Giovanni Battista, come pure alla
profezia secondo la quale Gesù avrebbe avuto un precursore.
Giovanni nasce,
predica alle genti, predica nel deserto, battezza Gesù, viene incarcerato.
Ma, poiché le
turbe non hanno capito chi era, ecco, in Matteo, l’intervento austero di Gesù
e il rimprovero che Egli muove loro: “Che andaste a vedere nel deserto? Ma che
andaste a vedere? Una canna agitata dal vento? Ma che cosa siete andati a
vedere? ……A che scopo dunque siete andati? Per vedere un profeta? Sì, vi
dico che è uno più che profeta. Egli è colui del quale è scritto: ecco io
mando il mio messaggero davanti al tuo cospetto, che preparerà la via dinnanzi
a te. In verità vi dico che, fra i nati di donna, non è sorto alcuno maggiore
di Giovanni Battista…… E, se lo volete accettare, egli è l’Elia che deve
venire. Chi ha orecchi da intendere intenda .” (Matteo 11, 7-11; 11,14)
E ancora
“E i discepoli gli domandarono: perché dunque dicono gli scribi che
prima deve venire Elia? Ed Egli, rispondendo, disse loro: “Certo, Elia deve
venire a ristabilire ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è gia venuto e non
l’hanno riconosciuto… Allora i discepoli intesero che era di Giovanni
Battista che Egli aveva loro parlato.” (Matteo 17, 10-13)
Qui siamo di
fronte alla inequivocabile affermazione di un fatto reincarnativo, qui ce lo
dice addirittura Gesù! E ce lo dice chiaramente: “Giovanni Battista è
l’Elia che doveva venire” e sottolinea anzi che “è già venuto e non
l’hanno riconosciuto”, dopo di che, finalmente, anche i discepoli
“intendono che Gesù aveva loro parlato di Giovanni Battista”.
Quindi, dopo
nove secoli, Elia si era reincarnato in Giovanni Battista e nessuno aveva
riconosciuto che nelle sembianze di questi c’era l’Elia reincarnato.
Gesù parla del vero Elia e non di un Elia simbolico da adattarsi alla
profezia. Se il vero Elia non fosse venuto, essa non si sarebbe avverata,
sarebbe cioè fallita, invece Gesù ribadisce che si tratta proprio di
quell’Elia, di colui che deve essere il suo precursore. Non sembra che qui si
possa cavillare adducendo che Giovanni rappresenta Elia solo simbolicamente:
Ricordiamo anche ciò
che si legge in Luca :
“Ora avvenne che,
mentre Egli stava pregando in disparte, i discepoli erano con lui ed Egli domandò
loro: chi dicono le turbe ch’io sia? E quelli risposero: gli uni dicono
Giovanni Battista, altri Elia ed altri uno
dei profeti antichi risuscitato.”( Luca: 9, 18-19)
Qui non sono
soltanto i discepoli che credono nella reincarnazione, ma ci crede anche il
popolo. Alcuni credono infatti che Gesù sia la reincarnazione di Giovanni
Battista, altri di Elia, altri ancora la reincarnazione di uno dei profeti
antichi risuscitato. E qui ‘risuscitato’ vale ovviamente per ‘reincarnato’;
il corpo del profeta Elia o quello del profeta ‘antico’, essendo ormai
dissolti da secoli, non potevano ricostituirsi dal nulla per risuscitare. Gli
unici componenti rimasti ‘vivi’ lungo i secoli erano
l’anima e lo spirito e quindi solo essi potevano ripresentarsi in
sembianze nuove sulla terra.
Un altro riferimento
alla reincarnazione di Elia è presente in Marco :
“Ora il re Erode udì parlare di Gesù (poiché il suo nome era diventato notissimo) e diceva: Giovanni Battista è risuscitato dai morti ed è per questo che agiscono in lui le potenze miracolose. Altri dicevano: è Elia. Ed altri: è un profeta come quelli di una volta. Ma Erode, udito ciò, diceva: quel Giovanni che io ho fatto decapitare è lui che è risuscitato!" (Marco: 6, 14-16)
Qui non possono
sussistere dubbi di sorta: il termine ‘risuscitato’ deve, senza possibilità
di equivoci, essere inteso nel
senso di ‘reincarnato’. Sappiamo infatti che Erode, su richiesta di Salomè istigata da Erodiade, aveva mandato “una guardia con
l’ordine di portargli la testa di Giovanni. E quegli andò, lo decapitò nella
prigione e ne portò la testa in un piatto. I discepoli di Giovanni, udita la
cosa, andarono a prendere il suo corpo e lo deposero in un sepolcro.” (Marco
6, 27-29).
Orbene, se
Giovanni fosse risuscitato, si sarebbe presentato alle genti nelle sue vecchie
sembianze e tutti lo avrebbero saputo e tutti ne avrebbero parlato sottolineando
proprio questo particolare. E, come prima, ci sarebbero state due persone
fisiche distinte, quella di Gesù e quella di Giovanni. Invece questi non
c’era più, c’era solo Gesù Cristo a predicare.
Senza dire che
un corpo, addirittura senza la testa, non può risuscitare, non può cioè
essere richiamato in vita. Ed Erode, che queste cose le sapeva, doveva intendere
naturalmente, parlando di Gesù, della reincarnazione in esso dell’anima di
Giovanni e non della rinascita di questi.
Altro significativo episodio
di reincarnazione è riportato nel Vangelo di Giovanni :
“E, passando, vide
un uomo che era cieco fin dalla nascita. E i suoi discepoli lo interrogarono
dicendo: Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?
Gesù rispose: né lui peccò né i suoi genitori; ma è così affinché le
opere di Dio siano manifestate in lui.” (Giovanni 9, 1-2)
Qui
verifichiamo due realtà
ben distinte :
I)
i discepoli sanno della reincarnazione, di cui devono avere anzi piena coscienza
e conoscenza, poiché ne parlano con tanta sicurezza. Solo ammettendo questo, i
loro interrogativi hanno senso.
Essi
considerano quella cecità come la espiazione
di un peccato, ma, poiché la cecità risale alla nascita, il peccato non può
essere stato compiuto che prima di quella, quindi nel corso di una vita
precedente.
II)
Gesù chiarisce che non peccò né il cieco né i suoi genitori. Orbene,
sappiamo che il dolore e l’evoluzione spirituale procedono fianco a fianco: più
si soffre e più si sale spediti verso la Meta. Il cieco dunque, mentre
nell’intervallo tra quella vita e la precedente si trovava nel Regno della
spirito, cosciente colà della Meta da raggiungere, aveva scelto di soffrire
intensamente con la privazione di quell’immenso bene che è il dono della
vista, affinché, così soffrendo, si accelerassero i tempi della sua evoluzione
spirituale e si ‘manifestassero’ quindi in lui, e sollecitamente, le opere
di Dio.
I
PADRI DELLA CHIESA E IL CONCETTO DI
REINCARNAZIONE
In Clemente
Alessandrino (150-220 d.C.) leggiamo: “Noi esistevamo lungo tempo prima
della fondazione del mondo… avevamo vita nello sguardo di Dio… abbiamo avuto
esistenza fin dal principio, perché in principio era il Verbo… Egli ebbe pietà
di noi fin dal principio… Filolao, il pitagorico insegna che l’anima venne
rinchiusa nel corpo a punizione dei
misfatti compiuti e la sua opinione è stata confermata dal più antico dei
profeti.” (Protreptico o
Esortazione ai pagani).
Per Origene (185-254
d.C.) “l’anima, la quale è per sua natura immateriale e invisibile, non ha
esistenza in un luogo materiale, a meno che non possieda un corpo adeguato alla
natura di quel luogo; e a un certo momento depone un corpo fino allora
necessario, ma non più adatto alla sua
mutata condizione, e lo scambia con
un secondo corpo.” (Contra Celsum) E ancora, commentando S.Paolo (Efesini
1,4-5): “L’anima non ha né principio né fine… entra in questo mondo
fortificata dalle vittorie o indebolita dai difetti della vita precedente…Il
suo operato in questo mondo determina il posto che avrà nel mondo successivo.
(De Principiis)
S. Girolamo (340-420 d.C.)
concorda con Origene sul commento al passo di S. Paolo. “Per divina dimora credo si
debba intendere un laddove in cui abitavano le creature razionali… nella loro
antica beatitudine… prima della loro discesa a una più bassa condizione…
Donde il Dio Creatore fece per loro corpi adatti alla loro umile condizione e
creò questo mondo visibile e inviò nel mondo ministri per la loro salvezza.”
( XCIV Epistola ad Avito)
Nell’Epistola
a Demetriade leggiamo: ”L’ordine delle cose è regolato dal governo
provvidenziale che ha sotto di sé il mondo intero; alcune potenze precipitano
da una posizione più elevata, altre gradualmente affondano nella terra; alcune
cadono volontariamente, altre sono precipitate in basso contro la loro volontà;
alcune per spontaneo desiderio assumendosi il servizio di tendere una mano a
coloro che cadono, altre venendo costrette per lungo tempo a perseverare nel
compito che si sono assunte.”
S. Agostino (354-430 d.C.)
nelle “Confessioni”scrive: “Signore, dimmi se la mia infanzia successe ad
altra mia età morta prima di essa…” e, sempre S. Agostino, intorno al
problema dei fanciulli viziosi, spiega a S. Girolamo: “Dio non potendo creare
che il bene, è molto probabile che essi si siano viziati in una precedente
esistenza.”
Si ritenne che un importante
Concilio, nell’anno 553 d.C., gettasse l’anatema sulla dottrina della
preesistenza dell’anima e, implicitamente, sulla dottrina della
reincarnazione. Tuttavia l’Enciclopedia Cattolica, ed. inglese, (vol. XI,
p.311, sotto la voce “Origene” e vol. IV, pp. 308-309 sotto la voce
”Concili di Costantinopoli”) dà informazioni da cui si può concludere che
non esiste per i cattolici, almeno sul piano tecnico, nessun divieto a credere
nella reincarnazione.
Vi fu, prima
dell’apertura del Concilio (ritardato per la resistenza di Papa Vigilio)
un’azione spinta dall’imperatore contro una
forma di origenianesimo che vigeva in Palestina, ma non aveva nulla a che
fare con Origene. I vescovi sottoscrissero quindici anatemi proposti
dall’imperatore (contro Origene). Un suo seguace confesso, Teodoro di
Scitopoli, fu costretto a rinnegare le sue idee, ma non esistono documenti tali
da testimoniare che venisse richiesta l’approvazione del Papa, in quel momento
impegnato a protestare contro la convocazione del concilio.
E’ facile
capire come tale sentenza extra conciliare fosse, in epoca più tarda, scambiata
erroneamente per un decreto del Concilio. Secondo Henry R. Percival (Scelta di
scritti dei Padri niceni e postniceni vol. XIV, serie 2, p. 316) la difficoltà
nell’accettare che tali anatemi siano stati sanciti da quel concilio sta nel
fatto che Origene non è nominato nell’atto che indice il concilio e in alcuna
lettera inerente ad esso. Il che sarebbe strano se se ne fosse discusso e ci
fossero state pronunziazioni
definitive.
IL PENSIERO DI ALCUNI TEOLOGI CRISTIANI CONTEMPORANEIEstratti da “Credere Oggi” n 105 – Edizioni Messaggero Padova (Relatore G. Ancona)
1 - Reincarnazione: una complessa credenza, di per sé ipotizzabile J. HICK (Death and Eternal Life, McMillan, London 1976).
L’ampia e documentata riflessione di J. Hick sulla reincarnazione è sicuramente una delle prime, tra quelle che in ambito teologico cristiano prendono in debita considerazione il tema. L’autore anglosassone, infatti, ritiene di dover opportunamente offrire attenzione a una credenza, che va diffondendosi in Occidente e che trova sostegno anche in alcuni ambienti scientifici. Hick dedica gran parte del suo dettato alla descrizione dell’idea così come si ritrova nella credenza di forme religiose popolari e di forme religiose più evolute, che sono supportate da un pensiero filosofico (filosofia vedanica e buddista). Particolarmente interessante e originale, tuttavia, è il suo contributo critico, che, muovendo da una considerazione del tema in termini generali e secondo la prospettiva propria dell’Induismo e del Buddismo, profila l’ipotesi della reincarnazione in rapporto alla dottrina del cristianesimo e ad analoghi fenomeni rinvenibili nell’ambito della parapsicologia (spiritualismo), yoga e genetica. Nella considerazione del rapporto cristianesimo-reincarnazione emergono in specifico le riflessioni teologiche di Hick, che si caratterizzano in termini di ‘sospensione’ di giudizio. Secondo il suo pensiero, infatti, gli argomenti dottrinali che tradizionalmente vengono portati a sostegno della tesi della incompatibilità della reincarnazione con la fede cristiana (assenza dell’idea nel NT, contestazione patristica, contrasto con l’idea di risurrezione, importanza assoluta data alla vita presente, unicità e singolarità dell’evento salvifico di Cristo) non sono decisivi (sono contestabili) e da ciò segue la possibilità che essa possa diventare parte sostanziale del credo di molti cristiani. Questo perché la storia del cristianesimo insegna che idee in un primo tempo non accettate dal credo, in un secondo momento e in seguito a una loro maturazione a livello di coscienza credente sono entrate a far parte del deposito dottrinale della fede. Il cristianesimo, in sostanza, deve essere sempre pronto al cambiamento teologico, il quale oggi è stimolato dal forte sviluppo delle differenti religioni che s’incontrano tra loro e tra loro interagiscono nell’unico mondo creato dalla moderna comunicazione. Non è possibile, in conclusione, assumere una posizione definitiva nei confronti dell’idea di reincarnazione. Essa, secondo le osservazioni di Hick, va pensata in termini di complessa credenza di per sé ipotizzabile. Nelle sue varianti, la reincarnazione ha il merito di coprire un ampio raggio di significati, riguardanti il problema dell’identità personale, il credo di differenti religioni, interessi etici, che possono essere sottoposti, in linea di principio, al criterio della verità. In tal senso essa va accolta come ipotesi logicamente valida.
2 - Reincarnazione: una dottrina tollerabile nella sua versione moderata K. Rahner, La vita dei morti, in «Saggi sui sacramenti e sull’escatologia», Paoline, Roma 1965
la singolare idea di K. Rahner sulla reincarnazione è strettamente collegata alla sua interpretazione della dottrina cristiana del purgatorio. Il punto di partenza delle sue riflessioni è costituito da ciò che la dottrina cattolica tradizionale afferma circa il purgatorio. Questa dice sostanzialmente due cose: a. nella morte, la decisione personale dell’uomo, maturata nella libertà, diventa definitiva; b. data la pluristratificazione dell’essere dell’uomo, implicante un divenire non controllabile del suo compito totale, ne consegue che solo «dopo» la morte si realizza una maturazione di tutto l’uomo, per il fatto che la decisione fondamentale si impone a tutta la sua realtà. Quest’ultima affermazione sembra ammettere l’esistenza di uno «stato intermedio» nel destino dell’uomo tra la morte e la sua completa maturazione. Si tratta del tempo della purificazione, il quale andrebbe inteso in senso «analogico» all’idea di tempo storicamente sperimentato. In questo «stato» avverrebbe così la purificazione dell’anima, attraverso la sofferenza espiatoria. Contro questo modo di pensare Rahner solleva alcune riserve, che comunque non intaccano la sostanza del dogma. In particolare egli riflette criticamente su quei punti della dottrina tradizionale, in cui si insegna che tali affermazioni escatologiche vanno riferite a tutti gli uomini, in quanto creature umane (biologicamente e per la loro potenzialità spirituale) e che l’immortalità va riferita a ogni anima che sia esistita (qualunque sia stata la situazione in cui si trovava prima della morte); e prudentemente conclude: «questa dottrina della permanenza definitiva delle persone umane e del loro destino finale nel possesso immediato di Dio o nella perdizione eterna, vale anche – e precisamente come una dottrina di fede vincolante – per quegli uomini che non si sono attuati in maniera personale libera in ordine alla loro definitività?». Se si dovesse rispondere affermativamente a tale interrogativo – afferma Rahner – si dovrebbe dedurre che la maggior parte delle persone che abitano il paradiso «sono persone che non sono mai pervenute a una decisione personale, per cui la beatitudine eterna va pensata in parte come frutto di una libertà (ovviamente dotata di grazia) e in parte come frutto di un semplice evento naturale». Forse sarebbe meglio e più opportuno immaginare, allora, che per queste persone esista una ulteriore possibilità di una decisione personale libera (soluzione intermedia). Nel caso di queste persone, in altre parole, la storia della libertà non è ancora iniziata e la morte non è certamente la morte secondo il suo significato teologico (processo in cui la libertà diventa definitiva e in cui l’uomo dispone pienamente di sé in ordine al proprio destino eterno). Per costoro il purgatorio verrebbe ad essere così «lo spazio per una storia della libertà postmortale». E a questo proposito s’inserirebbe l’idea della reincarnazione. (…)
3 – Reincarnazione: un’alternativa che può interessare l’uomo in profondità H. KUNG (Vita eterna?, Mondatori, Milano 1983 (orig. Tedesco: R. Piper & Co. Verlag, Munchen 1982).
Le riflessioni di H. Kung sul tema della reincarnazione si situano all’interno di una sintesi ricognitiva dei modelli di fede nell’eternità, presenti nelle religioni. Egli ritiene che la teologia cristiana deve prendere sul serio l’idea della reincarnazione per due cose, evidenti ovunque nella storia delle religioni: a) Da millenni una gran parte dell’umanità crede nella reincarnazione (è una credenza diffusissima, che affonda le radici in tempi lontani e che, per la sua rilevanza religiosa, ha interessato molteplici civiltà e culture). Essa esprime la convinzione che tutta la vita sensibile si svolge lungo un processo ciclico indefinito di nascita-decadenza, morte-vita nuova, a cui anche l’uomo è profondamente interessato. b) La reincarnazione è molto diffusa oggi in Occidente. Numerose persone trovano perfettamente convincente , dal punto di vista religioso, tale dottrina e le riconoscono un valore di orientamento per la vita. La teologia cristiana, in altre parole, non può facilmente trascurare un dato di fondo: «per molte persone la dottrina della reincarnazione risponde a interrogativi che altrimenti non trovano una risposta; per alcuni, quindi, essa colma un vuoto religioso-culturale». Ci si trova così di fronte a un problema piuttosto complesso, la cui soluzione, in ordine ad una possibile decisione da prendere nei confronti di esso, passa, in prima istanza, per l’analisi dei principali argomenti pro e contro la reincarnazione. (…)
LA SCIENZA E IL CONCETTO DI REINCARNAZIONE OGGI
Studiosi di vari paesi hanno avuto occasione di esaminare ‘casi’ di individui che asserivano di ricordare la loro vita precedente. Esaminati con serietà e scrupoloso rigore scientifico, i ricercatori hanno dovuto concludere che tali ricordi rispondevano alla realtà, realtà sconvolgente ma realtà. E la casistica, documentatissima, si va ampliando sempre più ad opera anche di centri universitari. Basti dire che, presso l’università di Jaipur in India, sei docenti, riuniti in equipe, hanno raccolto nel loro archivio ben ottanta casi documentatissimi di reincarnazione. Inoltre il Prof. Denys Kelsey, membro del Collegio Reale Inglese di Medicina, e sua moglie Joan Grant hanno riportato in un interessantissimo volume, tradotto anche in italiano, la documentazione di altri dieci casi di reincarnazione. Alle testimonianze bibliche si aggiungono dunque oggi prove e documentazioni non meno credibili.
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