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Il Padre Nostro        

 

 

IL "PADRE NOSTRO" NELL'INTERPRETAZIONE ENTELICA

Estratto da Scintille dall'Infinito Edizioni "Il Cenacolo" Milano · Italia

 

 

       Entrino le vostre anime nell’orizzonte che Io vi apro. Cercate di ascoltare e di incidere in voi profondamente la Verità che è il seme unico.

       Non per vaghezza Io vi chiamo, non perché mi conosciate vi invito: è per voi stessi, per il vostro rinnovo, per aver coscienza di ciò che fate e di ciò che farete nel vostro domani umano.

Ogni passo spirituale è un procedere che vi permetterà di entrare nella Luce, ma, se i passi difettano, vi allontanate da essa.

Siete i Miei guerrieri; la Mia spada è la Fede, la Mia forza è l’Amore.

Rammentate queste tre massime:

       “Chi perde la virtù perde il profumo di se stesso”.

       “Senza la carità non esiste amore”.

       “La Fede esige opere, essa di per sé è vana”.

 

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       Le parole pronunciate dal Cristo sulla montagna rappresentano l’apertura del sigillo all’umanità, rappresentano il patto che con questa la Divinità stipulava e della Divinità il Discorso della Montagna rappresenta la triplice manifestazione di Amore, di Giustizia e di Sapienza.

       Perché il Cristo salì sul poggio per parlare alla folla?

       Anche questo ha il suo significato!

       La parola di Amore, di Giustizia e di Sapienza non era parola umana, ma parola divina, doveva perciò discendere sulle genti, provenire da oltre il limite, dall’infinità; la parola del Cristo doveva scendere sulle genti perché il Figlio, per volontà del Padre, stava per cancellare la vecchia legge, la Legge Prima, ed instaurare così la Legge Evangelica di Amore. Non si trattava propriamente di un monte, si trattava di una modesta escrescenza di terra sulla quale il Divin Figliolo era salito, ma ciò era sufficiente per portarLo su un piano più elevato, per togliere l’idea di azione umana, ponendo il Divin Predicatore in una posizione di distacco rispetto a coloro che ascoltavano; la voce giungeva dall’alto alle masse, ecco la manifestazione di Potenza.

       Prima di parlare delle Beatitudini, il Cristo volle pregare il Padre Suo ed insegnare alle genti la sola nobile preghiera, il “Padre Nostro”.

       Chi ha compreso la maestà di questa preghiera che si presenta senza frasi retoriche, senza lodi chiesastiche, semplice, umile, fervida e possente perché sostanziale? Pochi, invero, fra gli umani.

 

PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI

 

       Padre nostro perché sei Tu che ci hai partorito, perché proveniamo da Te, perché sei Tu che ci sorreggi, che ci guidi come solo un Padre può fare coi propri figli, perché ci tratti in perfetta eguaglianza come solo un Padre giusto ed amoroso può fare e sa fare.

       Che sei nei Cieli, cioè che esuli dalla materia, che sei Spirito e perciò dominatore della materia e per conseguenza del male. Tu come Spirito sei anche negli umani perché essi stessi vivono per Spirito, ossia per essenza divina, e questa essenza Tu sei, e solo il Padre può esser per Spirito legato al Figlio e il Figlio al Padre; fosti Padre dell’umanità nei Cieli, prima della caduta di questa sulla terra, e lo sarai per l’eternità nei Cieli al ritorno in questi dell’umanità, perciò Padre Celeste, Padre Spirito, ossia Padre di potenza, di perfezione, di sapienza, di amore.

       “Padre nostro che sei nei Cieli”; non che vivi nei Cieli, che sei nei Cieli. Il Cielo ha in sé Iddio, fa parte cioè dell’Infinito: è in voi! L’opera vostra quindi deve essere rispettosa costantemente, in quanto in voi vi è il Principio Primo, il Principio Unico: Dio!

       Padre nostro che sei nei Cieli: Egli è qui palpitante tra voi, in voi, in Me!

       Ciò crea la concezione della eternità del Padre.

 

SIA SANTIFICATO IL TUO NOME

 

       Vi è in questa espressione la volontà di santificare il Suo Nome.

       Come può l’umanità santificare il Nome di Colui che le diede la vita e dal Quale è sorretta e confortata? Con la preghiera, forse? No, non con questa, ma con l’opera; solo l’opera può giungere a santificare, poiché per santificare necessita la potenza e solo l’opera è potenza.

       Sia santificato, ossia glorificato, il Tuo Nome, poiché in esso si santifica e si glorifica la bontà, l’amore, la fratellanza, la misericordia, l’umiltà.

       “Sia santificato il Tuo Nome”, il Tuo solo Nome, perché Tu solo sei stato capace, saresti capace nuovamente e sempre di rinunciare alla Tua vita per la nostra salvezza. Tu solo devi essere santificato e noi dobbiamo santificarTi colla nostra opera, con il nostro ardore, con la nostra alacrità.

 

VENGA IL TUO REGNO

 

       Arrivi finalmente il regno di Dio a dominare ogni altro regno umano, e poiché Iddio è Bontà celeste, venga finalmente fra gli umani il regno della bontà, dell’amore, il regno dell’Evangelo. Venga il regno Tuo, sia cioè instaurato il regno del Bene e distrutto il regno del Male, e tutto sulla terra abbia la impronta della Divinità

 

SIA FATTA LA TUA VOLONTà

 

       La bontà che Dio vuole, la giustizia che Dio impone, la sapienza che Dio reclama rappresentino la Legge unica dominante gli umani. La volontà dell’Eterno è l’Amore nelle sue più sublimi manifestazioni, ed è questa volontà che deve tradursi in atto sulla terra affinché  possa trasformarsi un giorno da materia in Spirito.

 

COSì IN CIELO COME IN TERRA

 

       Nei Cieli  la volontà dell’Eterno è manifesta potenza, sulla terra la divina volontà diverrà manifesta per la Sua divina misericordia. Quanto è materia o fu materia ritornerà potenza trasformandosi in purissima Energia, provando al Padre che l’umanità ha redento ogni colpa e che sublimando lo Spirito ha distrutto il regno di Satana, ritornando degna del Divin Genitore.

 

Dà A NOI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO

 

       Non del pane fisico parlava il Cristo, in quanto questo pane ognuno deve conquistarselo attraverso la fatica, il sudore, l’affanno, il dolore, attributi necessari alla vita dell’uomo per poter giungere all’espiazione alla fine del movimento evolutivo finito.

       Il Cristo chiede al Padre la sostanza: per gli umani il Tuo Amore, o Padre, è il pane necessario alla vita eterna, alla vita dello Spirito, alla conquista di  quella libertà che è potenza sapienza, ed è il Tuo Amore, o Padre, la capacità che Tu puoi donarci di compenetrare le Tue verità, di assimilarle, e senza le quali la vita eterna sarebbe irraggiungibile! Donaci la capacità di amare, fortificala, poiché essa ci è stata da Te trasmessa col parto, ed è la sola che valga a sorreggere ogni umano durante la sua ascesa, durante la sua faticosa evoluzione. Giungerà a noi in tal modo quel pane che non sarà solo cibo del singolo, ma che il singolo nel Tuo Nome moltiplicherà per sfamare il fratello più bisognoso.

 

RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI COME NOI

 LI RIMETTIAMO AI DEBITORI NOSTRI

 

       Padre, noi perdoniamo al nostro simile ben conoscendo il male che questi può aver fatto a noi, ma a noi è ignoto il debito contratto verso di Te, sono, cioè, ignote all’umanità le colpe nella loro qualità e nella loro entità commesse contro la Legge Eterna, ed è per questo che l’umanità chiede il perdono, in quanto di tutte le sue colpe l’umanità non giungerebbe mai a far ammenda, e se non ci fosse la divina remissione l’umanità non giungerebbe mai ai piedi del divin trono. Il Tuo perdono, o Padre, è legato alla Tua misericordia, e solo questa può salvare gli umani incapaci, impossibilitati ad espiare colpe che non conoscono; e, se queste colpe dovranno essere espiate dall’umanità al di là del divin perdono, allora, o Padre, dona la capacità di valutare appieno l’entità del peccato.

 

PRESERVACI DALLE TENTAZIONI

 E LIBERACI DAL MALIGNO

 

       Nella materia, che sullo Spirito grava per il peccato iniziale, è insita la tentazione perché la materia ha il palpito satanico e Satana è colui che non si peritò di tentare l’Unigenito. Padre, l’umanità riconosce che solo la Tua misericordia può preservarla dalle umane tentazioni della fragile materia, e invoca da Te quella conoscenza, quel dono di energie capaci di chiarire alle genti quale sia la via di destra e quale quella di sinistra; solo così l’umanità potrà essere liberata dalle male arti di Satana.

 

 

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       In questa prece vi è il più profondo legame fra il Creatore ed il creato, fra il Padre ed il Figlio, fra l’implorazione e la promessa. Quando dal vostro labbro usciranno le divine parole pronunciate dal Cristo, mormoratele in fervore, in tremore, e certamente esse saliranno al Padre e saranno dall’Eterno ascoltate.

       Riesaminiamo ora la prece sotto altro punto di vista.

       In quest’orazione Egli, come umano fra gli umani, chiede sette grazie al Padre, chiede cioè al Padre quanto è indispensabile all’uomo per poter percorre il proprio cammino.

       Comincia infatti la Divina Orazione con: “Padre nostro che sei nei Cieli”, e questa ne è l’invocazione; poi aggiunge:

1.      Sia santificato il Tuo Nome;

2.      Venga il Tuo regno;

3.      Sia fatta la Tua volontà così in terra come in cielo;

4.      Dà a noi oggi il nostro pane quotidiano;

5.      Rimetti a noi i nostri debiti siccome noi li rimettiamo ai debitori nostri;

6.      Preservaci dalle tentazioni;

7.      Liberaci dal maligno.

       Soffermiamoci, sia pur fuggevolmente, su questo fattore “sette”.

       Il “sette” rappresenta il movimento di evoluzione, movimento avente in sé tutta la indispensabile necessaria fatica. È necessario superarla questa fatica, avere la forza di resistere a tutti i coefficienti umani capaci di distruggervi, di annientarvi, ancorché l’annientamento sia un annientamento spirituale, sostanziale, animico.

       Ecco allora le invocazioni, ecco le richieste che l’uomo deve fare all’Eterno, ecco i doni domandati per poter resistere vittoriosamente alla pressione che Satana esercita nel tempo.

 

PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI

SIA SANTIFICATO IL TUO NOME

 

sia cioè sempre santificato in quanto Tu, Creatore del Bene, sei l’unico Santo… sia santificato il Tuo Nome… ossia, sia santificato il Bene che da te  proviene, da te scaturisce.

 

VENGA IL TUO REGNO

 

poiché solo sotto un simile Re noi potremo trovare l’armonia fra umani, cioè solo avendoti per Re noi non avremo nel tempo né l’invidia né l’odio né l’accidia.

 

SIA FATTA LA TUA VOLONTà

 

poiché fino ad oggi noi umani abbiamo vissuto nell’arbitrio e dell’arbitrio. Cessi questo arbitrio e subentri la Tua volontà che è volontà di amore, volontà di pace, volontà di armonia, volontà di comprensione, volontà di soccorso reciproco.

 

Dà A NOI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO

 

fai cioè, o Signore, che la Tua Legge sia in noi. Il Tuo Spirito sia in noi, il Tuo amore sia in noi; rendici perciò buoni; questo pane di amore che è pane di vita elargiscilo ininterrottamente e rendici capaci di cibarcene e di donarlo ai fratelli.

 

PERDONA A NOI I NOSTRI DEBITI

SICCOME NOI LI PERDONIAMO AI DEBITORI NOSTRI

 

       Ecco la bugia amara: l’umano non sa perdonare e chiede al Padre, deve chiedere al Padre di consentirgli la capacità di perdono.

       Ho già spiegato che cosa sia il perdono.

       Senza il perdono non vi è evoluzione: vi è stasi, vi è colpa.

       Rimetti a noi i nostri debiti siccome noi li rimettiamo ai debitori nostri e siccome l’uomo non sa rimettere i debiti contratti con gli umani, debiti sostanziali, debiti di amore, non potrà essere perdonato dall’Eterno senza la divina misericordia.

 

PRESERVACI DALLE TENTAZIONI

 

       Satana ha invaso la terra. Dissi ab initio: “Alla base di ogni prevaricazione stanno l’oro e la carne”. Riconfermo l’assioma. “Preservaci” quindi dalle tentazioni dell’oro e della carne, poiché da queste due si dipartono tutte le altre tentazioni, in quanto la potenza, la volontà di dominio, l’invidia, l’avarizia e via e via sono figlie dirette di questo binomio.

 

E LIBERACI DAL MALIGNO

 

rendici, cioè, immuni dalla tentazione; fai, cioè, che noi si possa giungere a tale luminosità animica da far fuggire dalla terra Satana prima che Tu stesso abbia a distruggerlo; “… liberaci dal maligno…”, cioè liberaci da ogni pensiero infecondo, da ogni pensiero tortuoso, peccaminoso.

 

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       Sette sono i punti necessari per il vostro vivere potenziale nel tempo, sette le espressioni dell’Unigenito nell’attimo in cui dall’umanità umanamente si staccava per rimanere congiunto potenzialmente.

       Fate tesoro di queste sette espressioni della divina prece e non biascicate vanamente altre preci chiesastiche, poiché in questa soltanto vi è l’essenza, la vita, la vittoria, la conquista.

       Non ripetete mnemonicamente il “Padre nostro”, ma sappiate valutare la dolcezza e la potenza di ogni parola. Ponetevi in istato di umiltà nell’attimo in cui elevate la prece a Dio e, se attimo di distrazione vi coglie, segnatevi e dite: “Vade retro me Satana”. Ricominciate la prece analizzandola, umiliandovi, dicendo in cuor vostro al Padre: “Io sono perché Tu sei e fa che io sia come Tu vuoi, cioè degno di Te”. Quando di fronte a voi procelloso spumeggia il mare, quando sul vostro capo sta il cielo in tempesta, quando falsi fratelli cercano di trarvi a dannazione, quando mani rapaci e torbide tentano di togliervi il pane conquistato con fatica e privazioni, innalzate la divina prece al cielo.

       Si placherà il mare, si rasserenerà il cielo, il fratello non vi condurrà a rovina ed il pane non sarà mancante.

     

       - Nella prece dell’Unigenito è detto: “Preservaci dalle tentazioni e liberaci dal maligno”; perché non è invece detto:” Toglici le tentazioni”?

 

       è l’eterna lotta esistente, operante fra gli umani del tempo, cioè la lotta Spirito/materia, la lotta tra Bene e Male. Nell’orazione che l’Unigenito ha insegnato agli uomini è detto “Preservaci dalle tentazioni” e non è detto infatti “Toglici le tentazioni”. Preservare vuol dire anche e semplicemente un chiarire quali possono essere le tentazioni. Dice ancora l’orazione: “Liberaci dal maligno”; perché non vi chiedete: “E come se il maligno è in noi?”. Il Padre vi darà le energie necessarie per distruggerlo, ma l’opera di distruzione deve provenire da voi!

       Nell’orazione sono toccati due punti vitali: preservare gli umani dalle tentazioni e liberare dal maligno. Si tratta di sopraffarlo, non di ucciderlo, in quanto la distruzione di Satana spetterà al Padre al giusto tempo, ma l’uomo deve potenzialmente annientarlo; egli, l’umano, si è fatto abbracciare da Satana e deve staccarsi da questo abbraccio. La preghiera è l’unica via, ma questa preghiera non è la prece che intende l’uomo: la prece è rappresentata dal dolore, dalla fatica, dal pianto, quando questi tre fattori sono una conseguenza dello Spirito che ha assimilato la fatica, il dolore, il pianto del fratello e fa suoi questi fattori ed affatica per la fatica altrui e piange per il pianto altrui e dolora per l’altrui dolore. Bisogna fondersi: questo significa saper vivere.

 

 

 

   L’ORAZIONE CRISTICA

E  LA NECESSITà DELLA PREGHIERA

 

 

       Ho parlato ripetutamente della necessità della preghiera da parte degli uomini ed ho chiarito il concetto che non si tratta della volontà divina di sentir ripetere una prece umana artefatta, ma della volontà divina di raccogliere queste preci che sono mute ma operanti, sono mute ma non statiche.

       Oggi non chiarisco più il concetto di fatica, di dolore, di pianto [1], ma chiarisco, sia pur brevemente, il valore di queste tre preci, il perché di queste tre preci, il beneficio derivante da queste tre preci.

       Cominciamo, amici, a ricordare i primi tre versetti dell’orazione cristica, il “Padre Nostro”:

-    Sia santificato il Tuo Nome

-    Venga il Tuo regno

-    Sia fatta la Tua volontà

       Di fronte a questi tre versetti ho proposto a voi tre preghiere: la fatica, il dolore, il pianto. Analizziamo singolarmente questi tre fattori che rapporteremo successivamente ai primi tre, a quelli cristici.

       La fatica per voi umani si presenta sotto due aspetti: un aspetto fisico e un aspetto spirituale. Voi accusate immediatamente e maggiormente la fatica fisica alla quale siete obbligati per due motivi: perché da essa dipende la continuità materiale di vita (la possibilità di alimentazione) e perché da essa dipende la possibilità di progresso, di evoluzione. Non potete esimervi dal primo movimento umano; cercate però di esimervi dal secondo movimento, da quello della fatica sostanziale spirituale, cercate cioè di evadere dalla linea retta per addentrarvi in cunicoli, in labirinti, in ambienti angolosi, e con ciò aggravate la vostra posizione.

       Si tratta unicamente di riportarvi nel concetto del primo versetto del “Padre Nostro”: “Sia santificato il Tuo Nome”. Come può una massa, un’umanità nella sua interezza, santificare l’unico Santo? Si tratta di interpretare il pensiero di Gesù. Egli non rivolge una preghiera al Padre, ma rivolge una preghiera all’umanità: “SantificateLo genuflettendovi, santificateLo operando secondo le Sue leggi, secondo la Sua dedizione, secondo la Sua rinuncia, portate cioè al Padre i doni che dal Suo insegnamento ritroverete sulla vostra via”.

       Allora diviene una necessità rientrare nella linea retta, nella linea dell’amore, dell’armonia, della sintonia, per cui necessita entrare nel concetto cristico anche vivendo la vita di tempo, la vita di espiazione.

       Il concetto svolto in questa forma acquista tutto un sapore assai differente da quello già enunciato. Lì si trattava solo di stabilire inequivocabilmente che il pregare era sì necessario, era sì indispensabile, ma non si trattava di pregare la prece chiesastica, bensì la prece della fatica, della rinuncia, del dolore, del pianto; qui si tratta di una prece sofferta e successivamente offerta a glorificazione, a manifestazione di santità, di santificazione del Padre.

       Il secondo versetto dice: “Venga il regno Tuo”; cioè non solo Santo, ma Re dominatore e se Tu sarai Re, noi saremo i Tuoi vassalli, saremo i Tuoi servi. Questo secondo versetto trova esso pure il suo riscontro in una duplicità di significato di dolore, in quanto, mentre il dolore fisico fa parte di un karma, quindi è necessario, è indispensabile, il dolore spirituale non ha più un valore di espiazione, ma un valore di esaltazione, di nobilitazione. Ecco che allora l’una cosa è la fatica, l’altra cosa è il dolore; due sono i significati, due i valori, due i risultati.

       Non dovete assolutamente considerare il dolore come un fattore fisico, ma come una conseguenza del moto primo, della fatica, e questo sino al momento in cui, non più dalla fatica vostra, ma dalla fatica altrui che andrete a soccorrere, ricaverete le energie necessarie da deporre, assieme alle precedenti, ai piedi del Divin Genitore.

      Il terzo versetto “Sia fatta la Tua volontà”, stabilisce inequivocabilmente la promessa che l’umanità fa al Padre di non più errare, di non più disobbedire, di non più cadere nell’arbitrio.

       Recentemente ho parlato dell’obbedienza in quanto fra l’obbedienza come ne ho parlato Io e l’obbedienza come voi e tutta l’umanità la promettete al Padre vi è una differenza sostanziale. La vostra promessa ora non nasce più da un dolore sofferto, da una umiliazione subita, dal ricordo di una reazione spirituale che vi accompagnerà fino al riscatto ottenuto (cioè rimorso); non è un pianto fisico, ma è un pianto animico, è un pianto spirituale, è un pianto sofferto. Mentre i fattori fisici sopportati, sofferti, vissuti vanno a scomputo di quella colpa prima che voi ignorate, i mali sostanziali, le fatiche sostanziali, i dolori sostanziali, il pianto d’anima, l’angoscia, l’affanno rappresentano doni che, assieme ai precedenti, dovete deporre ai piedi del Padre per glorificarLo dopo averLo santificato; e questa glorificazione deve essere quotidiana, ininterrotta.

       Vi è un senso di torpore nelle menti umane, e non parlo solo a voi, parlo all’umanità: vi è un senso di staticità. È necessario ricordarsi che il moto di metamorfosi, come Io ho spiegato, non è solamente quotidiano, ma avviene di attimo in attimo; questo moto di metamorfosi è legato indissolubilmente alla continuità dei doni che il Padre elargisce agli umani, senza i quali doni gli umani non avrebbero più la vita fisica, ma cadrebbero inevitabilmente nella Geenna, non avendo ancora assolto tutti i debiti verso la Legge.

       Il pregare si presenta così sotto tutto un altro aspetto: è un soffrire gioioso, è la comprensione della giustizia divina, dell’amore divino che vi ha evitato la distruzione per consentirvi l’espiazione e la riabilitazione.

       Quando vi destate al mattino, quando vi coricate alla sera, non dimenticate questo rapporto fra l’orazione cristica e la fatica che avete compiuto durante quella giornata. Le rinunce, le sofferenze, tutto ciò che rappresenta un peso, un gravame deve passare in seconda linea, in secondo piano di fronte alla gioia di aver potuto riscattare ancora una piccolissima, infinitesimale parte della colpa prima e di aver potuto porre ai piedi del Padre il frutto di queste rinunce, di queste fatiche, di questo pianto, di queste lacrime che, in ultima analisi, si trasformeranno da pianto, da lacrime di dolore in lacrime di gioia perché avrete raggiunto infallantemente  la Meta che vi eravate proposto e che vi era stata assegnata e promessa, cioè la riconquista del vostro seggio. Ma necessita pregare. Il soffrire per la stanchezza fisica, il ribellarsi alla fatica fisica è quindi dannoso per voi. La gioia di compiere o di aver compiuta quella determinata fatica, quel determinato sforzo, deve procurarvi gioia in quanto rappresenta una conquista avvenuta.

       Se adesso legate il Mio dire precedente a quanto ho detto or ora, voi trovate che il concetto di preghiera acquista un altro sapore e nasce in voi una nuova spinta, c’è in voi una nuova emotività, ci sono nuove aspirazioni non di superbia, ma di umiltà. Verso questi concetti dovete dirigere il vostro pensiero, verso questi concetti dovete indirizzare tutto il movimento di resurrezione spirituale, e quel movimento al quale si riferiva Giovanni nel suo Evangelio: “Necessita rinascere in ispirito”.  In ispirito si rinasce attraverso la preghiera, quando questa preghiera si noma fatica, dolore, pianto.

      Sarà più facile analizzare in profondità il Mio dire odierno avvalendovi, per l’analisi, di un Mio precedente insegnamento, cioè quello sul possesso singolo di un’arma di difesa e di conquista che è indistruttibile ed è inoffensiva, la trinità pensiero, ragione, coscienza. Se analizzate il rapporto esistente fra questa trinità umana, ma equivalente alla Trinità divina, e l’orazione cristica, l’analisi vi riesce, se non assolutamente perfetta, più agevole, più facile, più assimilabile. La possibilità di fusione o di affinità fra un concetto astratto ed un concetto concreto, solido, fisico, umano rappresenta per voi uno sforzo da compiere sproporzionato alle vostre possibilità; ma, se potete utilizzare al di là della ragione e del pensiero anche la ragione e la coscienza della trinità [2], allora vedrete con maggior prontezza e con maggior precisione i legami che uniscono l’un concetto all’altro, l’un fattore all’altro

       Riprendiamo la meditazione risalendo alla prima manifestazione cristica, risalendo cioè all’esempio datovi dai tre potenti quando intrapresero dai loro Paesi il cammino per raggiungere il Cristo-Dio ed offrirGli le prove, le documentazioni della loro potenza e della loro ricchezza, per offrire cioè a Gesù la propria superbia e il proprio potere, dichiarandosi quindi sudditi dell’unico che poteva dirsi Re dell’Infinito.

       Voi eravate dei potenti; siete precipitati per superbia e per arbitrio; ora state maturando la trasformazione, la ripresa di ciò che eravate socialmente, spiritualmente, potenzialmente. Dovete voi pure deporre ai piedi del Padre la prova della vostra umiltà. Come? Soffrendola precedentemente e soffrendola in letizia, gioiosamente. È un moto ragionato: pensiero, ragione, coscienza. Sono un colpevole, sto espiando. L’espiazione comporta questi determinati movimenti. Ho modificato il mio vivere di ieri ed oggi lo adatto alle esigenze vitali impostemi dalla Legge di amore e di giustizia. Questa prova, questa manifestazione di trasformazione la depongo ai piedi del Giudice che mi ha condannato non come prova di un riscatto raggiunto, ma come prova di gratitudine, di riconoscenza per avermi consentito di raggiungere quel determinato livello nel moto evolutivo. Non si tratta più solo di riconoscere il Padre nella Sua potenza, ma il Padre nella Sua misericordia e nel Suo amore, si tratta quindi di un movimento di gratitudine, di riconoscenza..

       È questo che deve risultare. Se avete fede (e ritorniamo all’indietro), se avete fede, e se ricordate ciò che è fede, dovete compenetrare immediatamente questa necessità di riconoscere l’amore paterno, di riconoscere la misericordia divina, poiché il dono iniziale è un dono duplice: il primo è di amore che vi ha evitato la distruzione, il secondo di misericordia nel tempo che vi consente di assimilare, giorno per giorno, le energie necessarie per arrivare al vostro traguardo.

       Chiarisco. Un dolore, una sciagura vi colpisce; vi colpisce e porta il vostro stato spirituale ad un punto tale da farvi ritenere impossibile la continuazione della vita fisica, della vita umana. Vi lasciate abbattere, presi dallo strazio; state per cedere; credete di essere sul punto del distacco. Improvvisamente nasce in voi inaspettatamente un senso di tranquillità, di serenità in antitesi con il fatto occorsovi, con la tragedia vissuta. Questo stato anormale di pace, di armonia, che sta dominando il moto negativo che vi squassava lo spirito, rappresenta una grazia, un soccorso, rappresenta cioè l’intervento divino che, riconoscendo nel sofferente i requisiti indispensabili per partecipare agli uomini di buona volontà, consente al colpito, al sofferente la possibilità di riprendere il cammino evolutivo al punto stesso dove era rimasto prima, non solo, ma gli consente come premio per il dominio raggiunto un accreditamento in conto dell’errore primo. Vi è da parte dell’uomo una sofferenza maggiorata e da parte dell’Eterno un premio maggiorato in concorso, un soccorso maggiorato. Questo soccorso di energie non vi rende la creatura perduta, ma vi da la serenità del ricordo, la certezza della vita che si sta vivendo in altro ambiente, ma che è pur sempre vita reale dovuta alla misericordia del Padre.

       Ecco perché è necessaria, è indispensabile la manifestazione di riconoscenza e di gratitudine; ecco perché deve essere deposto ai piedi del Padre umilmente tutto il bagaglio di rinunce, di sacrifici che normalmente pesano sull’uomo perché mancano di spiritualizzazione.

       Se, come vi ho sempre invitato, comincerete finalmente con lo spiritualizzarvi, con il disumanizzarvi, se comincerete a vedere le cose nella loro potenza astratta, vedrete che darete alla vita, imprimerete alla vita una nuova direttrice di marcia, imprimerete alla vita cioè un movimento dominato dalla volontà di quella trinità che vi ho insegnato.

       È tutto, è la vittoria finale e la vittoria giornaliera di fronte alla giornaliera fatica, è l’azione del pensiero, ragione, coscienza. Non vi è tragedia che possa resistere a questa trinità, poiché è trinità di amore, è trinità di fraternità, cioè è soccorso di energie.

       Il ricordo incide, la tragedia è avvenuta, il ricordo rimane, ma non è più un ricordo amaro, è nuovo calore, è una nuova sorgente di calore che entra sotto il vostro tetto, è quasi un soccorso che vi porta l’assente; tutto ciò avviene in grazia della volontà del Padre. Non quindi un gesto di arbitrio da congiunto a congiunto, ma un gesto di soccorso attraverso la volontà del Padre.

       Cercate (e questo è il segreto) ricordando la trinità, di spiritualizzare in essa e con essa tutto il vostro vivere. Non dovete più tergiversare: il tempo ha una velocità fulminea per voi; per Noi è un presente in atto. Fate che sia così anche per voi, che sia un presente in atto; cercate di accelerare i moti vitali e vedrete che alla fine di ogni luna un beneficio, un progresso spirituale lo riscontrerete in voi stessi da voi stessi.

 


 


[1] Vedi Scintille dall’Infinito pag. 644

[2] Non solo i primi due termini della trinità, ma specialmente il secondo ed il terzo (n.d.r.)

 

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